“Or se’ tu quel Virgilio ……. O delli altri poeti onore e lume … Tu se’ lo mio maestro … “ Inf. I, 79-85.
Queste sono le parole che Dante usa per presentare, nella Divina Commedia, il poeta Virgilio per il quale sente una profonda stima e ammirazione, e che elegge a sua guida nel viaggio attraverso l’Inferno e il Purgatorio. La fortuna di Virgilio, considerato già dai contemporanei modello di perfezione, inizia nell’antichità, e prosegue nel Medioevo, nell’età moderna e fino ai giorni nostri. Una figura, quella di Virgilio, strettamente legata al nostro territorio in quanto egli nacque nei pressi di Mantova e ancora oggi la città ne porta testimonianza nel suo stemma, nei nomi di piazze e scuole e attraverso una statua collocata nel fianco del Palazzo del Podestà in piazza Broletto, che raffigura il poeta seduto dietro un tavolo.
Stando alle fonti a nostra disposizione, sembra che la vita del grande poeta sia stata scarna di eventi personali significativi e interamente dedita alla intensa attività poetica. Sappiamo che Publio Virgilio Marone nacque ad Andes, villaggio nei pressi di Mantova, oggi identificato con Pietole, il 15 ottobre del 70 a.C. Pur non essendo di condizione sociale elevata, i suoi genitori vollero che il giovane intraprendesse a Cremona gli studi di grammatica e retorica. Perfezionò poi gli studi prima a Milano e quindi a Roma.
Virgilio era orientato verso l’avvocatura, ma ben presto scoprì di non avere un particolare talento per questa carriera: si dice infatti che, dopo aver discusso la sua prima e unica causa, decise di svestire definitivamente la toga. E fece di certo la scelta giusta, perché se così non avesse fatto, probabilmente, non avrebbe lasciato a noi e a tutta l’umanità che ci ha preceduto, le opere che lo hanno reso famoso.
Dopo il soggiorno romano, si trasferì a Napoli, e successivamente tornò a Mantova dove subì la confisca del podere di famiglia, in seguito alla ridistribuzione di terre nella transpadana a favore dei veterani della battaglia di Filippi. A causa della confisca delle terre paterne, Virgilio fu costretto a trasferirsi a Roma, dove entrò nel circolo degli intellettuali presieduto da Mecenate. Come parziale risarcimento il poeta ricevette in seguito delle proprietà in Campania.
Tra il 42 e il 38 a.C. Virgilio compose una raccolta di dieci poemetti, le Bucoliche, che inaugurarono la sua attività poetica. L’ambientazione dell’opera è la campagna italica, tanto cara al poeta. Nelle Bucoliche Virgilio inserì anche spunti autobiografici, come l’amara protesta dell’autore rispetto all’esproprio delle terre paterne. Vi è poi l’aspetto elogiativo verso importanti personaggi dell’epoca fra i quali Augusto. Verso il 38 a.C. iniziò a scrivere le Georgiche, in quattro libri, dove indicò come ispiratori Mecenate ed Ottaviano. I temi dei quattro libri sono il lavoro dei campi, l’arboricoltura, l’allevamento del bestiame, l’apicoltura. L’opera si inscrive appieno nel clima propagandistico del principato augusteo, improntato ad una politica di pace.
Dal 29 a.C. il poeta si dedicò alla composizione dell’Eneide il suo grande poema epico, fortemente voluto da Augusto. L’opera narra la leggenda di Enea che, scampato dalla distruzione di Troia, giunge alla foce del Tevere. E’ poi la figura del figlio di Enea, Ascanio-Iulo, dal quale prenderebbe il nome la casata di Giulio Cesare, che evidenzia il rapporto con la propaganda augustea. Infatti Augusto, in quanto figlio adottivo di Cesare, vedeva così consacrate le proprie nobili origini. Purtroppo Virgilio non riuscì a completarne la stesura perché morì il 21 settembre del 19 a.C. a Brindisi, per le conseguenze di un’insolazione, mentre era di ritorno da un viaggio in Grecia. Sebbene il poeta avesse predisposto la distruzione dell’opera qualora gli fosse accaduto un incidente mortale, fu Augusto in persona a stabilire che l’Eneide fosse pubblicata, salvando così questo grande e fondamentale componimento letterario di Virgilio.

Classe 2^F