Ricordare. Questo é lo scopo del 27 gennaio, la Giornata della memoria.
Ricordare tutte le persone ebree deportate nei campi di concentramento durante il periodo nazista.
Ricordare tutte le torture che hanno dovuto subire.
Ricordare loro e pensare a come venivano sfruttati e maltrattati fino ad essere privati della loro dignità e della vita.
Questa giornata viene commemorata in vari modi: chi legge o scrive poesie, chi guarda in televisione programmi o interiste ai deportati sopravvissuti che raccontano quello che hanno vissuto nel campo di concentramento, chi guarda film in memoria delle vittime.
Quest’anno, per ricordare quell’avvenimento che ha segnato così profondamente il nostro presente, la nostra scuola ha deciso di offrire agli alunni una testimonianza particolare: i signori Vittorio Negrelli e Enos Gandolfi sono venuti a raccontarci il loro viaggio a Cracovia e al campo di concentramento di Auschwitz, avvenuto nel marzo del 2018 insieme ai ragazzi di quarta e quinta superiore dell’Istituto Manzoni.
I nostri ospiti ci hanno fornito diverse informazioni sui deportati. Appena arrivavano nel lager, venivano divisi in due settori, uomini da una parte e donne dall’altra assieme a propri figli. Quindi le famiglie venivano divise e molte di esse non si sono più ritrovate. Successivamente i soldati tedeschi con l’aiuto di un medico cercavano di capire chi fosse in grado di lavorare (e in tal caso venivano portati e ammassati nelle loro baracche) e chi invece era destinato, purtroppo, alla morte (bambini al di sotto dei 10-13 anni o chi era troppo debole).
Tutti venivano spogliati di tutti i loro averi (che andavano dagli indumenti, fino ai capelli) e venivano inoltre illusi di potersi fare una doccia, ma in realtà andavano inconsapevolmente incontro alla morte, perché finivano nelle camere a gas.
Oltre a questo i relatori ci hanno parlato dell’esperienza del loro viaggio, dicendo che vedere dal vivo questi luoghi fa tutto un altro effetto rispetto a sentirne parlare. “Da quando ci abbiamo messo piede” ci hanno riferito “siamo cambiati; siamo diventati più maturi”, ci hanno detto. Tra le cose che li hanno colpiti di più c’è stata la scritta tedesca all’entrata del lager: “Arbeit macht frei”, ossia il lavoro rende liberi, che illudeva i deportati fin dall’ inizio. “Quando i ragazzi hanno varcato quel cancello” ha spiegato il nostro ospite “tutti sono rimasti in silenzio, colpiti da una sensazione di tristezza”. Successivamente ci hanno fatto vedere alcune immagini degli oggetti sequestrati dai nazisti (stampelle, vestiti, scarpe, valigie…), attraverso un filmato di venti minuti.
Questo incontro è stato molto utile ed è anche piaciuto molto a tutti gli alunni: ha fatto scoprire cose nuove sull’argomento, ci ha lasciato una profonda sensazione di tristezza di fronte a questa tragedia in cui nell’uomo l’odio ha sovrastato la ragione e ci ha spinti a riflettere affinché questo non accada di nuovo. Come ci hanno detto i relatori “è importante non dimenticare perché se lo facessimo, tutte quelle vittime innocenti sarebbero morte invano”.

Classe 3^C