Mai come in questo periodo di pandemia noi ragazzi ci siamo sentiti così soli e slegati dal gruppo delle nostre amicizie o dei nostri compagni di scuola.
E proprio la scuola, che dovrebbe essere il luogo che durante la nostra crescita consente a noi ragazzi la socializzazione, ovvero il nostro inserimento nel gruppo dei coetanei, facendoci sperimentare le nostre abilità di relazione e di collaborazione, oggi sembra così lontana dalla nostra realtà.
Ma perché parlare allora di integrazione a scuola? Perché la solitudine porta a isolarsi sempre di più e perciò bisogna fare in modo che un ragazzo non si allontani dal gruppo dei coetanei, ma continui a sentirsi parte di esso anche se a distanza. Gli insegnanti hanno perciò un compito importante in periodo di DAD: riuscire a creare le stesse occasioni di confronto tra noi ragazzi, per fare in modo che continuiamo “virtualmente” ad incontrarci , continuando a sentirci parte della nostra classe.
Nella Costituzione Italiana c’è un articolo che recita che l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona con handicap nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione. E’ citato anche nella legge n°104.
Secondo il vocabolario Treccani, l’integrazione è una fusione di più elementi o persone che si completano l’un l’altro, un insieme di individui che coordinano i propri mezzi, le proprie risorse e capacità, senza escludere nessuno.
Quindi per integrazione scolastica s’intende il far parte di un gruppo scolastico o di una classe e in questo contesto tutti devono accettare tutti e ognuno deve sentirsi parte del gruppo, ciascuno con il proprio ruolo e le proprie abilità. Questa piccola comunità insegnerà ai ragazzi a condividere le proprie esperienze con gli altri, a comunicare adeguatamente e a collaborare per superare le proprie difficoltà.
L’alunno sviluppa così un senso di appartenenza, cioè sente di avere una collocazione, di essere importante per gli altri e accresce la sua autostima.
Nella realtà scolastica in presenza non sempre l’obiettivo dell’integrazione viene raggiunto. Questo obiettivo viene un po’ trascurato dagli insegnanti, poiché si focalizzano più sui programmi che devono portare a termine e poco su ciò che sta succedendo in classe. E gli alunni stanno poco attenti a queste cose; per esempio, nelle chiacchiere degli intervalli, pensano più a quello che vogliono dire e fare, invece di capire se tutti si sentono parte della discussione o meno.
Chi non si sente integrato è soprattutto chi si sente diverso. Ad esempio: alunni disabili, con culture diverse da quelle della maggioranza, o con qualche difficoltà di apprendimento, ragazzi timidi o introversi, o ancora con un disagio familiare o economico.
Cosa hanno fatto i docenti per favorire l’integrazione durante il periodo di lockdown?
Nella nostra classe, in quel periodo, i professori hanno cercato di far lavorare gli alunni il più possibile in gruppo o in coppia con delle piccole ricerche online.
Ma tutto ciò non è stato abbastanza: per esempio potremmo in futuro fare delle video-lezioni in cui gli alunni discutono tra loro e l’insegnante ascolta, moderando gli interventi, in modo da far intervenire anche coloro che di solito per timidezza o scarsa autostima tendono a stare zitti e in disparte. Facendo più conversazione tra di loro, i ragazzi si annoierebbero di meno, potrebbero conoscersi maggiormente, arricchirsi l’un l’altro, scambiandosi punti di vista e condividendo idee su un determinato argomento che interessa tutti quanti.
Tutti i docenti, di qualsiasi materia, per favorire l’integrazione devono portare avanti dei progetti sulla diversità e sull’empatia a scuola. Solo se noi ragazzi sviluppiamo le capacità di vedere chi è diverso come una ricchezza e impariamo a metterci al posto dell’altro, condividendo le sue emozioni e i suoi pensieri, possiamo sentirci integrati e integrare i compagni.
In conclusione, integrazione non vuol dire omologarsi al gruppo, ognuno può mantenere la propria diversità che lo rende unico e speciale, pur facendo parte di una collettività. L’integrazione si verifica quando una scuola è basata sull’accoglienza di tutti quanti, nessuno viene escluso o discriminato, ma anzi valorizzato.

Classe 2^F