Il 2019 è stato un anno nero per la foresta amazzonica.
Solo nel mese di luglio sono andati a fuoco 2.255 chilometri quadrati di foresta.
Da gennaio ad agosto 2019 gli incendi nella più grande foresta pluviale del mondo sono stati 72.843 (dati riportati dall’Istituto Nacional de Pesquitas Espaciais -INPE-, l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile che insieme alla NASA e al Programma Copernicus dell’ESA vigila sulla deforestazione amazzonica).
Fino a pochi anni fa l’Amazzonia non aveva mai avuto problemi con gli incendi. È sempre stato un ambiente molto umido, “resistente al fuoco”. Cosa sta succedendo?
Negli ultimi anni ci sono state delle ondate di siccità durante i mesi di luglio e agosto che corrispondono alla stagione secca in questa regione.
Secondo l’INPE, spesso gli incendi sono dovuti all’uomo. Gli agricoltori o gli allevatori usano il fuoco per ripulire il terreno, nonostante sia vietato nella stagione secca, inoltre spesso disboscano per raccogliere legna e per allargare i campi. La deforestazione ha reso più fragile e secca la foresta.
“In Amazzonia nulla è adattato al fuoco”, dice William Magnusson al National Institute of Amazonian Research (INPA) di Manaus, in Brasile, “l’Amazzonia non bruciava da centinaia di migliaia o milioni di anni”. Molti animali e piante muoiono a causa degli incendi e l’ecosistema cambia per sempre.
Secondo diversi esperti, se si va avanti come quest’anno l’Amazzonia si potrebbe trasformare in una savana. Questo sarebbe un enorme guaio per tutti noi.
L’Amazzonia è un ecosistema che cattura milioni di tonnellate di anidride carbonica tanto da essere considerato “IL POLMONE DEL MONDO”. Inoltre in questa foresta pluviale vive il 10% delle specie del pianeta.
Senza la foresta amazzonica le conseguenze per l’intero pianeta sarebbero gravissime e riguarderebbero anche noi che abitiamo a chilometri e chilometri di distanza.

Classe 2^B